#SEFOSSEFOIA: STATUE COPERTE, SÌ, MA DAL SEGRETO
ROMA, 4 marzo 2016 - La sua richiesta «equivale alla richiesta di esercizio di un controllo generalizzato sull’attività della PA attraverso una inammissibile azione popolare sulla trasparenza dell’azione amministrativa che non risulta consentita sulla base della legislazione vigente».
Questa è la sintesi, amara, della risposta del Cerimoniale dello Stato alla istanza inoltrata da FOIA.IT (e anche da me personalmente in qualità di giornalista) per accedere alla documentazione, tra cui una specifica relazione, prodotta in merito alla notoria decisione di coprire alcune delle statue dei Musei Capitolini in occasione della recente visita a Roma del Presidente iraniano Hassan Rohani. Una decisione che ha fatto fin troppo discutere i media italiani e internazionali, sulla quale di fatto non è stata fatta alcuna chiarezza, se non attraverso goffe smentite e indiscrezioni tardive.
La risposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri
all'istanza d'accesso presentata da FOIA.IT
E allora, chi ha deciso di coprire le temibili statue? Non è dato sapere. Perché noi cittadini (“azione popolare”) non vantiamo questo diritto – a differenza dei cittadini di un centinaio di Paesi in tutto il mondo, dove è invece sancito da leggi sul modello del Freedom of Information Act, il cui fulcro cruciale è proprio il diritto al “controllo generalizzato sull’attività della PA”.
Ebbene, anche l’Italia si appresta (molto rumorosamente) a dotarsi del suo FOIA; ma di che cosa parliamo davvero, se la legge è svuotata della sua funzione primaria? Sì perché anche la norma che verrà non prevede questo diritto, il legislatore è stato più volte chiaro in merito: l’impianto della vecchia Legge 241 del 1990 non si tocca. Tradotto: i cittadini non possono accedere alle informazioni della PA per controllarne l’operato. E per cosa allora?
Bernardo Mattarella: "credo che l'attuale legge sul diritto di accesso (241/1990) sia un'ottima legge e debba continuare a essere applicata"
— Diritto Di Sapere (@dirittodisapere) 24 novembre 2015
In questo modo, inoltre, si mina anche l’annunciata introduzione del pur fondamentale principio per cui non vi è più l’obbligo di motivare la richiesta di accesso; non motivandola, infatti, la richiesta rischia di essere per sua natura generica, quindi configurando sempre una potenziale situazione di mero controllo generalizzato (che si aggiungerebbe trasversalmente alle già vaghe cause di [silenzio-] diniego così come formulate nel testo reso noto finora).
Nel caso specifico, non essendo tra l’altro ancora entrato in vigore il cosiddetto FOIA all’italiana, la richiesta era motivata - se non dal senso civico, o almeno dal buon senso - anche dal diritto di cronaca teoricamente già garantito ai giornalisti. Ma non basta. «L’istanza non risulta sufficientemente motivata e delineata se non attraverso un generico richiamo al diritto di cronaca», recita ancora la risposta del Cerimoniale. Ma il diritto di cronaca è diritto di cronaca, punto. Posto che personalmente non trovo così generico per un giornalista, o chi per lui, voler sapere chi ha deciso di coprire di ridicolo il Paese (insieme alle statue), e chi ha approvato o ha omesso di valutare l’opportunità di tale iniziativa.
Ma naturalmente la questione trascende il caso specifico delle statue capitoline e attiene alla più ampia sfera dei reali diritti dei cittadini (e con essi anche i giornalisti), del rapporto ostinatamente subalterno tra questi e le istituzioni, esentate da ogni assunzione formale di responsabilità (o accountability, come si direbbe oggi dalle parti di Palazzo Chigi), senza dover motivare nulla a nessuno, certe di una impunità salvaguardata dalla reale inconoscibilità del loro operato.
In tutto ciò l’aspetto normativo è mestamente preceduto da quello culturale. Cosa ci si può realisticamente aspettare da un Esecutivo che nelle dichiarazioni si erge a riformatore della trasparenza e nei fatti assume atteggiamenti e adotta norme che invece difendono strenuamente lo status quo, rischiando addirittura di limitarne la portata?
Lo avevamo ribadito da ultimo anche precedente comunicato, nel quale annunciavamo la richiesta di accesso sull’improbabile affaire-statue, e lo ribadiamo ora che anche il Consiglio di Stato si è espresso piuttosto negativamente sullo schema di Decreto circolato finora, affinché il FOIA non resti un guscio vuoto, buono solo per le passerelle di Ministri, consulenti del governo e attivisti-consulenti:
«Non sappiamo quanto il testo finale si discosterà da quella bozza, né se le osservazioni giunte da più parti saranno prese in considerazione. Ma – se è vero com’è vero che la trasparenza è una questione culturale prima che normativa - rendere conoscibile questa documentazione sarebbe intanto un segnale positivo in attesa della pubblicazione del testo finale del Decreto che, si spera, possa essere all’altezza delle aspettative maturate alla luce delle (tante) promesse fatte finora e delle (poche) rassicurazioni giunte dopo la fuga di notizie».
@fama_andrea
Nota: Per completezza, qui e qui le proposte di modifica/abrogazione alla L. 241/90 che FOIA.it avanza ai vari Governi già dal 2013. Una proposta semplice e diretta, che forse avrebbe concesso meno margine ad una norma annacquata come quella vista finora.