Lucciole per lanterne dalla Presidenza del Consiglio: molto fumo sul decreto trasparenza
ROMA, 23 gennaio 2013 - Il comunicato stampa della Presidenza del Consiglio relativo al Consiglio dei Ministri n. 66 del 22 gennaio presenta il decreto sulla trasparenza come l'introduzione in Italia di un Freedom of Information Act: non è vero. Se lo si vuole far passare come una legge che garantisce a chiunque l'accesso ai documenti della Pubblica amministrazione, come il FOIA statunitense o le altre normative analoghe, si ingannano i cittadini.
Il decreto legislativo approvato ha una portata assai più limitata: è stato emanato in attuazione dell'art. 1, c. 35, della legge anticorruzione (l. 190/2012) che delegava il governo ad adottare “un decreto legislativo per il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”. Purtroppo la legge anticorruzione includeva una definizione molto restrittiva di trasparenza, intesa unicamente come “pubblicazione nei siti web istituzionali delle pubbliche amministrazioni” (art. 1, c.15). Questo significa che il governo poteva solo riordinare le norme già esistenti relative alla pubblicazione degli atti sui siti web delle PA. Di questo, e non di altro, si tratta nel decreto legislativo approvato il 22 dal Consiglio dei ministri.
Negli ultimi anni, molte norme, scoordinate fra loro, avevano introdotto obblighi di pubblicazione on line di documenti amministrativi (tanto per fare qualche esempio, si va dai bilanci delle pubbliche amministrazioni ai CV e gli stipendi dei dirigenti, i tempi di attuazione dei procedimenti, i dati relativi al personale a contratto, la concessione di sussidi e così via). Per i cittadini era molto difficile avere un quadro di quali documenti dovessero essere pubblicati sui siti istituzionali e quindi è stato senz'altro utile riordinare la materia nell'ambito di un decreto legislativo. Ma è fuorviante affermare (come fa il comunicato stampa) che “viene istituito l'obbligo della pubblicità” per alcune categorie di dati: tale obbligo già esisteva.
È pur vero che il decreto introduce una importante novità: esso infatti dispone che se le PA sono inadempienti rispetto agli obblighi di pubblicazione on line, i cittadini hanno diritto di accedere ai documenti che avrebbero dovuto essere pubblicati on line, senza obbligo di motivare la richiesta. Si tratta di una novità molto positiva, di cui bisogna dar credito al Ministero della pubblica amministrazione e semplificazione. Ma da qui a dire che è stato stabilito “il principio della totale accessibilità delle informazioni” ispirandosi al modello del Freedom of Information Act statunitense, ce ne corre.
I cittadini, infatti, potranno chiedere di accedere ai documenti senza restrizioni, solo nel caso dei documenti che avrebbero dovuto essere pubblicati on line. Per tutti gli altri, continuerà ad essere in vigore la disciplina molto restrittiva contenuta nella l. 241/90, che permette l'accesso ai documenti solo per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti (in pratica, se si ha bisogno di un documento per fare un ricorso o casi del genere), mentre esclude esplicitamente la possibilità di un suo utilizzo come mezzo di controllo generalizzato sulla pubblica amministrazione. Nei paesi che hanno un FOIA, invece, chiunque può avere accesso ai documenti della PA, senza bisogno di motivare la richiesta, con la sola esclusione delle informazioni dalla cui divulgazione potrebbe derivare una lesione alla privacy, alla sicurezza nazionale o ad altri interessi costituzionalmente tutelati.
Dati i limiti della legge delega, il governo non poteva per decreto introdurre un FOIA: poteva solo riordinare le norme esistenti, cosa che ha fatto e ha fatto bene. Se il comunicato stampa della PCM avesse con onestà illustrato i caratteri del decreto, avremmo potuto elogiare il lavoro svolto dal Ministero della pubblica amministrazione e semplificazione, che ha in tempi rapidi prodotto un decreto che fa effettivamente compiere qualche passo avanti sul piano della trasparenza. Ma l'ufficio stampa della PCM ha voluto strafare, facendo credere ai cittadini cose non vere.
Elena Aga Rossi
Presidente dell'Iniziativa per l'adozione di
un Freedom of Information Act in Italia